lunedì 31 dicembre 2012

Felice e splendente 2013!


A tutti il mio augurio di un Felice Anno Nuovo e che possano avverarsi tutti i vostri sogni. Che ne possiate avere sempre tanti, perché senza sogni non si vive.
Alla vostra lettura uno stralcio dal mio secondo libro, il n. 69 degli 88 miei aforismi (pensieri, massime), pubblicati in Pensieri minimi e massime


«Parafrasando Shakespeare (cfr. La Tempesta, atto IV, scena I), siamo fatti della materia di cui sono fatte le stelle: principalmente di atomi di carbonio e di carbonio sono fatti i diamanti. Immensa come le stelle è la vita, preziosa più dei diamanti.»

© Emanuele Marcuccio
(da Pensieri minimi e massime, Photocity Edizioni, Pozzuoli – Na, 2012, N. 69, p. 20)
ISBN: 978-88-6682-240-0.


L’immagine riproduce la nebulosa planetaria NGC 5189 avvistata dal telescopio spaziale Hubble proprio in occasione di queste feste.



Pubblicata a fini esclusivamente culturali e non commerciali. I diritti (Copyright ®) sono riservati ai legittimi proprietari.

martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale, buone feste


A tutti il mio augurio di un sereno Natale e buone feste con uno stralcio dal mio secondo libro, il n. 34 degli 88 miei aforismi (pensieri, massime), pubblicati in Pensieri minimi e massime

«Ritroviamo e ricerchiamo sempre l’obliato proprio sé fanciullo, perché, solo con gli occhi dell’anima di un bambino si può davvero essere se stessi e volare alto, anche se camminiamo per una strada spesso irta di ostacoli, problemi e preoccupazioni.»

© Emanuele Marcuccio
(da Pensieri minimi e massime, Photocity Edizioni, Pozzuoli (Na), 2012, N. 34, p. 13)
ISBN: 978-88-6682-240-0.

Pubblicata a fini esclusivamente culturali e non commerciali. I diritti (Copyright ®) sono riservati ai legittimi proprietari.

lunedì 10 dicembre 2012

È on-line il primo e-Book 3D di “Vetrina delle Emozioni”


Questo progetto è stato realizzato da 44 artisti.... non c’è miglior luce, del piacere di condividere le nostre emozioni.
info@vetrinadelleemozioni.com

Progetto web-CD
Il Progetto Vetrina delle Emozioni. Il Viaggio, il Canto. Vol. 1 nasce come progetto di promozione comune grazie alla partecipazione di tutti gli autori - artisti presenti nella suddetta opera.

© TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

Il Progetto Vetrina delle Emozioni. Il Viaggio, il Canto. Vol. 1 è stato curato da: Gioia Lomasti, Marcello Lombardo, Stephen Alcorn, Francesco Arena, con un’introduzione a cura di Lorenzo Spurio e una nota di chiusura  a cura di Emanuele Marcuccio.

Editing impaginazione a cura di: Francesco Arena e Gioia Lomasti
Editing creazione supporto digitale a cura di: Marcello Lombardo e Gioia Lomasti

Original images: Sthephen Alcorn - www.alcorngallery.com

Original photos: Nicola Matta, Alessia Cutrufo

Editing images & photos: Francesco Arena, Gioia Lomasti i

SI RINGRAZIANO TUTTI COLORO CHE HANNO PARTECIPATO CON UN LORO RACCONTO O POESIA

Stephen Alcorn, Norman Zoia, Fabio Amato, Francesco Arena, Ivan Bacchion, Gennaro Bertetti, Carmen Biella, Carlo Bonanni, Mariano Brustio, Daniele Capuozzo, Donatella Calzari, Susanna Cargasacchi, Tamara Cavina, Vincenzo Cinanni, Gaetano Cuffari, Alessia Cutrufo, Alessandro Maria Marcello D'Angelo, Sergio De Angelis, Rebecca Figini, Mario Fiori, Valter Fornasero, Flavio Girardelli, Luca Ispani, Stefano Leoni, Gioia Lomasti, Marcello Lombardo, Emilio Lonardo, Fausto Giovanni Longo, Alessia Marani, Emanuele Marcuccio, Gilda Massari, Nicola Matta, Guido Mattioni, Matteo Montieri, Federico Negro, Marco Nuzzo, Cristina Pelucchi, Ornella Pennacchioni, Giacomo Seccafien, Alessandro Spadoni, Lorenzo Spurio, Chiara Taormina, Michela Zanarella, Anna Pizzuti.

A cura della Sezione di promozione Autori ed Artisti
www.vetrinadelleemozioni.com

martedì 27 novembre 2012

“Pensieri minimi e massime”, recensione critica a cura di Natalia Di Bartolo


di Emanuele Marcuccio
Photocity Edizioni, Pozzuoli (Na), 2012, pp. 47
ISBN: 978-88-6682-240-0
Genere: Saggistica/Aforismi
Prefazione, a cura di Luciano Domenighini
Postfazione, a cura di Lorenzo Spurio
Curatrice d’opera: Gioia Lomasti
Cover: Francesco Arena
Prezzo: 7,60 €

Recensione a cura di Natalia Di Bartolo



Leggere un libro è sempre opera di scoperta e d’indagine, non solo nei confronti dei contenuti espressi dall’autore, ma anche nei confronti di se stessi.
Di fronte alla raccolta Pensieri minimi e massime (Photocity Edizioni, 2012), di Emanuele Marcuccio, poeta palermitano, classe 1974, è consigliabile avere avuto un approccio non solo con la sua prima silloge poetica Per una strada (SBC Edizioni, 2009), che cronologicamente la precede, ma possibilmente anche con i suoi “documenti biografici” personali, quelli che l’autore denomina “cronologia bio-bibliografica”.
Tale denominazione dimostra a chi si accosti successivamente alla lettura del suo secondo libro, come nell’opera letteraria in questione ci si trovi davanti comunque ad una sorta di agenda-diario, in cui la vita e lo scrivere si fondono e si integrano inscindibilmente ed il cui archetipo è plausibile che sia stato generato (piace immaginarne il seguito scritto a mano ancora oggi), nei tempi della prima adolescenza, giorno per giorno, avvenimento per avvenimento. Ogni più piccolo dato “cronologico bio-bibliografico”, infatti, è stato ed è ancora oggi curato e “repertato” privatamente dall’autore con la certosina pazienza dettata dalla costanza e dal perseguire coscienziosamente lo scrivere, che egli ha ritenuto essere la propria strada e che adesso si è concretizzato anche in questa seconda pubblicazione, corredata da una personale “Introduzione alla Poesia” a cura dell’autore stesso.
Tale costanza, alimentata dalla passione per la propria attività, ha contribuito a rendere la strada suddetta decisamente valida da percorrere e questa, sia pure “sentiero scosceso” (22), in salita come tutte le “strade artistiche”, è stata ed è supportata da documenti vergati con tale determinazione e puntiglio da far pensare che quello dell’autore sia un metodo ammirevole e potenzialmente vincente.
Ma, tornando all’opera letteraria di cui trattasi, occorre leggere i pensieri e le massime di Emanuele Marcuccio soprattutto tenendo conto della sua indole di Poeta. È un’indole innata, che si manifesta fin dal 1990, in giovanissima età, sui banchi di scuola, che si pone come impellente ed imprescindibile, facendo sì addirittura che il poeta scriva per la strada, per esempio, dove, non avendo altro supporto cartaceo, appunta i versi su uno scontrino, o si destreggi in piedi con carta e penna su un autobus affollato: la forza incontenibile dell’ispirazione.
Ci si può chiedere, allora, come mai, quale seconda opera letteraria, il Marcuccio pubblichi un libro di pensieri e massime e non di altre poesie. Ad avviso di chi scrive, alla luce di quanto sopra rilevato a proposito del suo tenere in archivio ogni particolare della propria vita letteraria, il suo carattere è permeato anche da una positivamente pervicace volontà di “memoria esplicativa”, che serva a rendere pure più agevole il percorso della sua poetica, per il lettore e per se stesso. Il Poeta fa chiarezza, nei pensieri e nelle massime, perché ne sente la necessità, ma anche perché farlo è utile a chi legga ciò che ha già scritto in poesia e ciò che scriverà in futuro. Nulla è lasciato al caso, anche se aforismi e massime si rincorrono apparentemente senza ordine d’argomento.
S’inizia a trattare di Dolore: l’autore lo mette in prima linea, lo paragona al mare, con il fluire incessante dell’acqua, memore del bagaglio poetico degli studi umanistici, ma Uomo già abbastanza addentro alla vita per poter aver provato, come tutti, l’umanissimo, cocente sentore di sofferenza a cui si attribuisce l’ampia accezione di “dolore”, contro il quale, a suo dire, può solo l’Amore (8). E di nuovo campeggia tale Dolore, illuminato da un lampo di speranza (2). E dal dolore alla Musica (3), felice cambio di registro.
Poi, transitando per la Felicità (5), passa al Tempo (6); e dal Tempo, finalmente, alla Poesia, tema fondante dell’intera opera. Poesia che nasce dall’Ispirazione (10), punto nodale della poetica del Marcuccio.
Nell’Ispirazione egli ritiene che l’inconscio si possa addirittura perdere, come in una strada spoglia, senza fronde, senza appigli. Tenendo sempre quale fulcro la Poesia, scrive dell’Ispirazione in diversi aforismi, incrociandola con la Cultura, ritenendola madre della riflessione e della scrittura (22), entità breve, fuggitiva e svelta: ai poeti saperla afferrare e trattenere stretta al cuore (27), ma capricciosa padrona che spesso tarda a far loro visita (28); caos nel quale solo i poeti riescono a mettere ordine (53). E da qui si dipartono ancora riflessioni calzanti sulla Cultura, si ritorna alla Musica, ritenuta espressione superiore anche alla Poesia nell’essere capace di far intuire l’Universo (36) e si aprono ulteriori ma non secondarie digressioni sulla Lingua, sulla traduzione in lingua straniera dei testi poetici da effettuarsi senza esitazione possibilmente da parte dell’autore stesso (il Marcuccio è pure un ottimo traduttore in Inglese), perché, anche se “l’abito è cambiato”, permanga ugualmente il suo spirito (38); così come prima egli aveva posto l’accento sull’importanza del non rinnegare mai il proprio dialetto (20).
E ancora riflessioni sull’essere umano, sulla sua ipocrisia nella falsa amicizia (16), ma anche e soprattutto sul suo ruolo fondamentale di fruitore della Poesia, motivo per cui costui compare, a questo punto, tra gli aforismi e le massime. L’autore lo ritiene addirittura “creatore” del Poeta, che senza di lui e la sua trasmissibile emozione non esisterebbe (49) e si inoltra poi nell’ambito puramente tecnico-filologico di quella Lingua che egli ritiene adatta alla Poesia, dall’incipit all’explicit (55).
Musicalità, fluidità e spontaneità, sintesi folgorante, ispirazione, senza mediazioni né di metrica, né di rima: tutto questo è vera Poesia” secondo il Marcuccio (58), poeta “ribelle come il fuoco” (torna in mente Cecco Angiolieri) anche ai canoni della Prosa, così come un autentico poeta, a suo dire, deve essere (59).
Le pause in poesia ed in prosa (59 e 60), la punteggiatura, il bagaglio letterario in generale vengono presi in considerazione, così come si accennava precedentemente, in una volontà finalizzata anche all’esplicazione della tecnica poetica dell’Autore.
E dagli argomenti più specifici, ecco di nuovo dispiegarsi la concezione di Poesia del Marcuccio nel senso più ampio del termine. Egli, dopo gli aforismi riguardanti il proprio giudizio sui fruitori della Poesia , il “mercato”, i gusti dell’ “illetteratura” che imperano nel nostro mondo (70), si apre nuovamente alla ricerca di quella “definizione” di Poesia” che egli stesso sa introvabile, perché la Poesia non ha confini e quindi non può essere definita (73), “rende l’ordinario straordinario” (74), non è al sevizio di nessuno e “quando vuole ci visita, basta rimanere in ascolto attento e attentamente osservare” (76).
Ma il Marcuccio non si definisce “Poeta”: la ritiene una parola troppo importante per attribuirsela da sé: “è sempre meglio essere chiamato poeta dai propri lettori” (78). E’ dal cuore che i poeti traggono tesori (83), ma cosa c’è fuori dal proprio cuore? “Che cos’è la folla se non apparenza?” (86) e gli uomini hanno “gli occhi foderati dalle nebbie del pregiudizio” perché si fermano alle apparenze (87). Allora forse è meglio stare lontani dal mondo, quando si può, e leggere, perché leggendo si riesce a frenare il tempo (12) e “si vivono innumerevoli vite sognando” (84). E, come si era constatato nell’aforisma quaranta, è proprio perdendosi nei sogni che, secondo il Marcuccio, si riesce ad ignorare la realtà, ovvero il crudo dolore di vivere, che pure serve per non annegare: ecco il ritorno all’inizio, all’acqua, al mare, “nel suo indistinto ondeggiare e rifluire incessante” (1); aggancio assolutamente velato, all’apparenza, ma che contribuisce a donare coerenza all’intera raccolta.
In essa il Marcuccio, intendendo mettere nero su bianco i suoi pensieri più pregnanti, invece di farlo in quella prosa ampia e stilisticamente coercitiva che non sente propria, lo fa in “pensieri minimi e massime”, come schivando la sua avversione verso la letteratura in prosa, ma servendosene ugualmente, con assunti sintatticamente spesso semplici, ma mai banali nei contenuti.
È riuscire a leggere il libro con la massima attenzione fin dall’inizio che ne dà il vero senso: al primo impatto, se quest’ultimo è superficiale, risulta possibile che l’opera non venga colta nella interezza della propria profondità e della propria utilità, perché potrebbe risultare un insieme apparentemente indistinto di riflessioni su argomenti svariati in ordine sparso. Se sviscerata con l’intento di penetrarne il significato fin dal primo pensiero, viene fuori, invece, il suddetto filo conduttore, tutto ciò che veramente l’autore ha sentito di esprimere, mediando pure tra Fede Cristiana ed amore per la Poesia Classica, in particolare per quella Tragica Greca (39) e per quella di Shakespeare, che traspare lampante da alcuni aforismi (non solo nel sessantanove, dove si opera palesemente una parafrasi della celebre frase de La Tempesta: “Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni”, che qui diventano “le stelle”, ma anche nel ventotto e poi nel settantasei, dove aleggia lieve la Queen Mab di Romeo and Juliet).
Quasi liberatorio, poi, appare l’aderire dell’autore alla celebre poetica del Pascoli, in quell’“obliato proprio sé fanciullo” (da un verso della sua poesia “Sé e gli altri”, tratto dal volume Per una strada), condividendola ed esprimendone la condivisione senza alcuna remora né riserbo, senza alcun timore di ripetersi né di ripetere.
Il Marcuccio conduce il lettore tra le pagine di questa breve raccolta proprio con i pensieri che più lo rappresentano, che maggiormente danno l’idea della sua condizione di poeta che, pur nella sede specifica non poetando, sa trasmettere anche in tale contesto la profondità del proprio sentire, per se stesso e per chi legga. Quindi, ritornando all’inizio del presente commento, chi scrive, dopo aver condiviso tanti pensieri, dopo aver letto tante massime che a volte, proprio nella loro costruzione, esse stesse appaiono illuminate da un bagliore poetico, torna, chiudendo il personalissimo circuito del proprio sentire, a riflettere come sia vero che “leggere un libro è sempre opera di scoperta e d’indagine, non solo nei confronti dell’autore, ma anche nei confronti di se stessi”.

Natalia Di Bartolo
(Scrittrice, Poetessa, Critico Letterario-recensionista)

Catania, 19 novembre 2012




È SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE QUESTA RECENSIONE INTEGRALMENTE O IN FORMATO DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTRICE.

lunedì 22 ottobre 2012

Selezionato per Archivio storico e consuntivo critico dell’ultimo ventennio poetico…



Sono stato selezionato con tre poesie, insieme ad altri poeti, in una pubblicazione a cura dei noti critici Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, un Archivio storico e consuntivo critico, che sarà edito da Kairòs Edizioni, che ha il difficile compito di rappresentare le voci più rilevanti dell'ultimo ventennio poetico (1990-2012).
Le tre poesie selezionate potete leggerle anche qui, accompagnate da vari commenti critici.
Come mi ha scritto l'editore nella mail di conferma di selezione, all'interno di questo Almanacco si potranno leggere anche i nomi più noti e prestigiosi della poesia italiana contemporanea.
Il volume uscirà presumibilmente per Natale 2012.

Immagine da:
http://www.liveunict.com/images/stories/demo/altri_mondi/cristina%20lazzara.jpg
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Buona lettura a tutti e buona poesia!

martedì 16 ottobre 2012

Tradotta in spagnolo la recensione di Michele Nigro al mio “Pensieri minimi e massime”

Sul numero di ottobre (anno 7, n. 86) della rivista on-line internazionale "Suroeste" (pp. 152-155) è stata pubblicata, con traduzione a fronte in lingua spagnola, la recensione del critico Michele Nigro al mio Pensieri minimi e massime.
http://issuu.com/suroeste/docs/suroeste_n_86_octubre_2012/153

di Emanuele Marcuccio
PhotoCity Edizioni, Pozzuoli (Na), 2012, pp. 47
ISBN: 978-88-6682-240-0
Genere: Saggistica/Aforismi
Prefazione, a cura di Luciano Domenighini
Postfazione, a cura di Lorenzo Spurio
Curatrice d’opera: Gioia Lomasti
Cover: Francesco Arena
Prezzo: 7,60 €


Segue uno stralcio della traduzione pubblicata sulla rivista: «¿Qué función podrían desempeñar los aforismos en la cultura del siglo XXI? Nosotros, los habitantes de esta gran red, rápida e impaciente, llamada Internet, la mendicidad eterna de tiempo para hacer miles de cosas inútiles disfrazados de necesidad, en busca de información liofilizada y clara, hemos perdido el instinto al ocio creativo y a la reflexión edificante. En este contexto, el aforismo, del griego aphorismós, «definición», desempeña un papel importante en la preservación del patrimonio interior del hombre pensante bajo la forma de cortas secuencias de textos independientes y al mismo tiempo de la inseminación del inner space del lector: como una microscópica vida germinal, capturada y leída por el ojo de un hombre neurótico, sino sediento de pequeñas verdades, el aforismo provoca en el alma de aquel que lo recibe una reacción filosófica inesperada que toma fuerza del  poder de la brevedad. Entre una parada de metro y la siguiente, el tiempo necesario para leer, releer y saborear íntimamente un aforismo, está el secreto oculto de la salvación de nuestro pensamiento anestesiado.
Un secreto que Emanuele Marcuccio, autor de la colección titulada Pensieri minimi e massime, demuestra haber aprendido perfectamente, experimentando los efectos de esta antigua técnica de escritura en primera persona, en su propia vida como poeta y pensador…» continua

lunedì 8 ottobre 2012

È uscito “Flyte & Tallis”, il nuovo saggio di critica letteraria di Lorenzo Spurio, con una mia poesia in esergo

«Che cosa hanno in comune Ian McEwan, uno dei più grandi autori inglesi viventi, ed Evelyn Waugh, saggista e giornalista post-vittoriano, oltre ad essere entrambi inglesi e scrittori?» è questo l’esordio di Lorenzo Spurio, scrittore e critico-letterario, nella quarta di copertina del suo nuovo libro pubblicato da Photocity Edizioni.
Il giovane scrittore, con alle spalle vari saggi di critica letteraria (Jane Eyre, una rilettura contemporanea, 2011 e La metafora del giardino in letteratura, 2011) e una raccolta di racconti scritta a quattro mani con Sandra Carresi dal titolo Ritorno ad Ancona e altre storie (2012), torna con un nuovo studio sulla letteratura inglese. I protagonisti sono gli scrittori britannici Evelyn Waugh con il suo romanzo Ritorno a Brideshead e il contemporaneo Ian McEwan con il suo best seller Espiazione.
Spurio fornisce una lettura critica attenta e personale ad alcune tematiche centrali nei due romanzi, fornendo una dissertazione interessante per gli studiosi del settore.
Il saggio è impreziosito da una poesia in esergo del poeta palermitano Emanuele Marcuccio, da una prefazione del fine critico fiorentino Marzia Carocci e da un saggio di Brian Finney –docente americano- riproposto da Spurio tradotto in italiano.
Titolo: Flyte & Tallis
Sottotitolo: Ritorno a Brideshead ed Espiazione: una analisi ravvicinata di due grandi romanzi della letteratura inglese
Autore: Lorenzo Spurio
Prefazione: Marzia Carocci
Genere: Saggistica/Critica letteraria
Editore: Photocity Edizioni, Pozzuoli (Na), 2012
ISBN: 978-88-6682-300-1
Numero di pagine: 143
Costo: 10 €
In esergo: "Muro, che ti discosti...", poesia di Emanuele Marcuccio.

giovedì 27 settembre 2012

Emanuele Marcuccio su “Ritorno ad Ancona e altre storie” di Spurio/Carresi

Ritorno ad Ancona e altre storie
di Lorenzo Spurio e Sandra Carresi
Lettere Animate Editore, 2012

Recensione di Emanuele Marcuccio

La silloge di racconti Ritorno ad Ancona e altre storie, scritta a quattro mani dallo jesino Lorenzo Spurio e dalla fiorentina Sandra Carresi, si apre con il primo dal titolo “Telefonate anonime”; la narrazione ha il suo esordio in medias res, con il forte rumore del tuono che “fece sobbalzare Giada dalla sedia”, una pagina avanti Giada sobbalzerà per l’arrivo dell’ennesima e sempre silenziosa telefonata anonima mentre “[…] dalla finestra opposta il glicine sembrava quasi voler entrare in casa, tanto era salito.”. Quel glicine, simbolo di amicizia secondo il linguaggio dei fiori, come a voler donare a Giada un senso di protezione nella solitudine della sua casa.
Ma presto un tragico evento sconvolgerà la sua vita: l’omicidio di un’anziana signora proprio nello stesso stabile di sua madre Clara, a Firenze.
La scrittura scorre sicura, veloce e, con abilità consumata, i nostri autori non ci annoiano mai; siamo di fronte a tre racconti, simili nella lunghezza, per esempio a quelli di Thomas Mann o di Hermann Hesse.
La descrizione fisica della protagonista, contrariamente a quello che si può immaginare, avviene alla dodicesima pagina del racconto, improvvisamente, d’acchito, quasi che sia lo specchio del bagno a volercela descrivere: “Era alta e magra, una carnagione ambrata e un bel viso ovale incorniciato da lunghi capelli lisci e neri.”
In questo primo racconto, tranne Giada, ci accorgeremo che tutto non è ciò che sembra, proprio come l’immagine che ci restituisce uno specchio, il quale ci dà solo una realtà superficiale e apparente, così ci ammoniranno i nostri autori nel corso del secondo racconto, “Ciò che trasmette la mente, che si vede attraverso uno specchio, è solo una parte della realtà, l’altra è quella che veste con gli occhi dell’anima, della sua bellezza e del suo respiro.”
Potremmo mai immaginare chi si nasconde dietro quelle silenziose telefonate anonime?
Il secondo racconto porta il titolo di “Ritorno ad Ancona”, si tratta della breve storia d’amore di una coppia non più giovanissima (Rebecca e Vincenzo) a Ischia; la prima reduce da una brutta esperienza coniugale, mentre Vincenzo è vedovo da quattro anni, entrambi però nascondono un grande e insospettato spirito giovanile. Intensamente vivono questo breve amore e, proprio il titolo “Ritorno ad Ancona” diventa metafora di un breve ritorno a una giovinezza che si credeva irrimediabilmente perduta.
Alla fine preferiranno “ritornare” alle loro abitudini, ai loro affetti, a se stessi, ognuno alla loro città che li ha visti crescere, rispettivamente Ancona e Napoli.
Proprio uno stesso spirito giovanile e nostalgico pervade il racconto, Rebecca sente le “farfalle nello stomaco” prima di incontrarsi con Vincenzo, prima che inizi il loro breve ma intenso idillio. Una mano passata sui capelli, portati sensualmente e ingenuamente dietro le orecchie e partirà un bacio.
Il terzo e ultimo racconto si intitola “Un cammino difficile”. Infatti, difficile e tortuoso è il cammino di due genitori (Eva e Alberto) per crescere i figli, ancor più difficile se quei figli sono adottivi e non in tenerissima età, bensì di quattro e cinque anni; così succede che, egoisticamente, uno dei due, il padre nel nostro caso, abbandona il tetto coniugale e lascia la sola madre ad occuparsene, nonostante sia stato lui stesso ad insistere per l’adozione.
Dal punto di vista del numero di pagine “Un cammino difficile” è il racconto più breve della silloge, solo ventuno pagine contro le quasi cinquantanove di “Telefonate anonime” e le quasi trentacinque di “Ritorno ad Ancona”; tuttavia dal punto di vista diacronico della vicenda è il più lungo (poco più di dieci anni) e il più dinamico.
Concludendo, in “Un cammino difficile” il cerchio si chiude. Anche Clara di “Telefonate anonime” era stata abbandonata, perdipiù con una bambina in grembo (Giada), che crescerà da sola e così fa Eva con i due bambini adottivi. Abbiamo quindi un elogio della donna, combattiva e madre nonostante tutto. Questo è “Ritorno ad Ancona e altre storie”, un messaggio di speranza e di felicità insperata, un ritorno a se stessi e amore di madre per i propri figli.

Emanuele Marcuccio
Palermo, 10 settembre 2012


E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE IL PRESENTE TESTO SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

giovedì 6 settembre 2012

“Pensieri minimi e massime”, recensione critica a cura di Michele Nigro

Pensieri minimi e massime
di Emanuele Marcuccio
PhotoCity Edizioni, Pozzuoli (Na), 2012, pp. 47
ISBN: 978-88-6682-240-0
Genere: Saggistica/Aforismi
Prefazione, a cura di Luciano Domenighini
Postfazione, a cura di Lorenzo Spurio
Curatrice d’opera: Gioia Lomasti
Cover: Francesco Arena
Prezzo: 7,60 €

Recensione a cura di Michele Nigro

Quale funzione potrebbero svolgere gli aforismi nella cultura del ventunesimo secolo? Noi, abitanti di quella grande rete, veloce e impaziente, chiamata Internet, eterni elemosinanti di tempo per fare migliaia di cose inutili travestite da necessità, alla ricerca di un’informazione liofilizzata e lampante, abbiamo perso l’istinto all’ozio creativo e alla riflessione edificante. In tale contesto l’aforisma, dal greco aphorismós, ‘definizione’, svolge una preziosa funzione di conservazione del patrimonio interiore dell’uomo pensante sotto forma di brevi sequenze testuali indipendenti e al tempo stesso di inseminazione dell’inner space del lettore: come una microscopica vita germinale, catturata e letta dall’occhio di un uomo nevrotico ma assetato di piccole verità, l’aforisma innesca nell’animo di chi lo riceve un’inattesa reazione filosofica che prende forza dal potere della brevità. Tra una fermata della metropolitana e la successiva, il tempo necessario per leggere, rileggere e assaporare intimamente un aforisma, è riposto il segreto per la salvezza del nostro pensiero anestetizzato.
Un segreto che Emanuele Marcuccio, autore della raccolta aforismatica intitolata Pensieri minimi e massime, dimostra di aver appreso perfettamente, sperimentando gli effetti di questa antica tecnica scritturale in prima persona, nella propria esistenza di poeta e di pensatore. Anche se ci troviamo dinnanzi a un pensatore non impegnato in sterili filosofismi accademici, i semplici aforismi di Marcuccio inducono il lettore, proprio facendo leva sulla loro struttura apparentemente innocua, alla riflessione, al voler ritornare più volte su frasi brevi, scarne, dirette, raramente articolate, non bisognose di esegesi acuminate, ma al tempo stesso “banalmente disarmanti” grazie a un meccanismo assiomatico che diviene catarsi.
L’Autore sembra quasi indicare ai suoi lettori un metodo di purificazione del pensiero, attingendo a piene mani da un immaginario collettivo, anche se di origine privata, in cui non è difficile riconoscersi: un’operazione che diventa possibile perché Marcuccio adopera gli aforismi come se fossero simboli arcaici di una mappa interiore appartenente al genere umano. Aforismi che sottolineano necessità apparentemente scontate; aforismi da ripercorrere, per non lasciarsi ingannare dalla loro semplicità e dalla nostra distrazione di cittadini già saturi di segni sintetici provenienti dall’informosfera. Aforismi da vocalizzare interiormente, per farli propri, per assorbirli, come preghiere laiche che si distinguono dal flusso compatto della narrazione di grandi storie e c’invitano ad approdare su piccole isole di riflessione.
La ricercata “ingenuità” degli aforismi di Marcuccio conduce il lettore alla scoperta archeologica e al conseguente disseppellimento di un nucleo esistenziale incrostato dalla complessità di una vita tecnologicamente avanzata ma deprivata di senso.
Solo chi ha avuto il piacere, nel corso della propria vita, di assistere allo stillicidio diaristico e silenzioso dei propri pensieri sulla carta può comprendere profondamente l’operazione effettuata da Marcuccio: il bisogno di condensare l’esperienza esistenziale in leggi personali; per ricordare a noi stessi le regole che ci hanno aiutato ad andare nel mondo, interpretandolo; per definire ciò che appare indefinibile, fissandolo. Anche se non tutti i pensieri hanno la vocazione a diventare aforismi. Come scrive l’Autore nell’aforisma numero ottantotto, l’ultimo della raccolta: «Un fotografo coglie un attimo di realtà imprimendolo nella pellicola; bisogna saper scegliere quell’attimo tra mille, da qui si percepisce la sua arte.»
Stralci privati e quotidiani scelti con oculatezza, senza cedere a una sorta di solipsistico protagonismo; sprazzi di esigenze spirituali salvate dall’evaporazione mnemonica e dall’inutile corsa verso falsi impegni che umiliano il pensiero: solo le attività umane degne di questa definizione rientrano nella ricerca di Marcuccio. L’amore, il dolore, la gioia, l’importanza esistenziale della poesia e della scrittura, i rapporti sociali, la saggezza scoperta lungo il cammino, la vita…
I pensieri minimi riecheggiano in maniera autonoma nell’animo di ogni singolo lettore e, a seconda dell’importanza che assumono nel contesto dell’interiorità ricevente, diventano miracolosamente massime.


a cura di Michele Nigro, 4 settembre 2012

martedì 4 settembre 2012

° ilCatalogo Artistico Crossroads






Il più delle volte il difficile è proprio farsi conoscere, non basta avere talento e qualità artistiche, bisogna saperle esprimere e soprattutto ci vuole un pubblico ad applaudirle!  Il progetto di Crossroads è quello di sviluppare un vero "crocevia" di incontri, che diano modo a tutti di presentarsi e creare momenti di collaborazione.

Questo CATALOGO ARTISTICO nasce perché ognuno possa avere uno spazio dove potersi presentare agli altri in base alla propria specialità, potete "sfogliarlo" cercando la categoria che più vi interessa e poi scorrere i nomi in ordine alfabetico.

Se volete essere inseriti nel catalogo basta inviarmi una mail a silvia.foresta@gmail.com con queste informazioni:





venerdì 17 agosto 2012

“Muro, che ti discosti…”, poesia di Emanuele Marcuccio in esergo a Flyte & Tallis, saggio di critica letteraria di Lorenzo Spurio







 Muro, che ti discosti… [1]

A Lorenzo Spurio


Muro, che ti discosti,
che ti accartocci
su te stesso, vibra
sibila lontano la guerra
e giunge
distruttiva…
Muta
una nobile famiglia
e rimane, muta
divisa
al presente…
espia colpa, amara colpa
rimordi!

(27/4/2012)


[1] Edita in esergo al nuovo saggio di critica letteraria Flyte & Tallis, di Lorenzo Spurio, con Photocity Edizioni. Il saggio analizza due romanzi della letteratura inglese contemporanea. 

Riedita nell’antologia di autori vari I poeti contemporanei 66, Editrice Pagine, 2012 (eBook kindle e cartaceo).
Già edita in L’evoluzione delle forme poetiche. La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio (1990-2012), Edizioni Kairòs, 2013. (Ultimo aggiornamento della nota, 31/01/2013)



Di seguito vari commenti critici sulla poesia.




“Muro, che ti discosti…”
Commento a cura di Luciano Domenighini




Poesia piuttosto ermetica per il generoso ricorso all’ellissi che ne valorizza i residui frammenti, è composta da tre parti: un vocativo libero descrittivo, una parte narrativa doppia, con due soggetti (la guerra, una nobile famiglia) a cui vanno per ciascuno due coppie di indicativi presenti dei quali il primo è sdoppiato nella prima coppia “vibra sibila” e sottinteso nella seconda, “rimane”, realizzando una simmetria di compensazione e infine un distico in vocativo iterato (colpa, colpa) rafforzato da due imperativi in esclamativo (espia, rimordi!).
Tre momenti ben distinti ma di grande efficacia espressiva nel rappresentare l’orrore della guerra.
L’immagine del vocativo di apertura, il muro rimasto, simulacro, mutilato e imploso, di un tempo felice di pace e lavoro, è di straordinaria pregnanza.
Anche il secondo periodo, rivolto alla famiglia (che il poeta chiama “nobile”), penosamente sfumato sui punti di sospensione, è un modello di efficacia espressiva, con un raddoppio aggettivale (“muta/ divisa”) rafforzativo sull’iterazione del “muta” verbale del settimo verso, a ribadire che la guerra porta solo dispersione e silenzio in ciò che l’uomo ha di più caro.
Il terzo momento, un distico esclamativo e sferzante, rivela il perché di tanto castigo; solo una colpa da espiare, predestinata, originale (forse quel “Peccato Originale”?), ne può essere la ragione.



A CURA DI LUCIANO DOMENIGHINI                                                         2015



“Muro, che ti discosti…”
Commento a cura di Cinzia Tianetti

Incuriositi dal titolo, al richiamo poetico: “Muro, che ti discosti…” s’attende al suo non più inerte stare, perché attraverso l’estro del poeta esso esorta a gran voce dal prendere le distanze dall’incomprensibilità della violenza, direi, per usare un termine di mons. Helder Camara, con un atto di “coscientizzazione” verso la realtà (ciò che dovrebbe essere humana praxis) che, strano a dirsi, nel denunciare porta con sé una speranza. Interessante in questo senso è il parallelismo del muro, muta pietra, che urla con il suo gesto un no disperato, dolorante, e il mutismo di una nobile famiglia, che espia colpe sotto l’affilata nèmesi che si intravede timidamente a dividere “al presente…” quel che poteva essere un delizioso e quotidiano quadro familiare. Ed è così che si sposta la percezione del soggetto dall’io del poeta al nuovo soggetto: il “muro” che trasmutando diviene limen/limes, inteso non come limite “aldilà del quale”, ma luogo. E questo luogo, parafrasando il pensiero aristotelico: “limite immobile del contenente”, è limen/limes mobile del contenuto “Io”, perché egli è vivo, umanizzato, agisce, con espressione d’orrore e di dolore avvertito nei brevi versi lapidari: “[…] che ti discosti,/ che ti accartocci/ su te stesso […]”.
La mole prima inerte s’allontana dal male della guerra, prende le distanze, ripiega nelle sue riflessioni, nelle emozioni, e nell’estrema trasmutazione poetica si comprende il messaggio sotteso: quanto male può fare, quanto dolore può esserci nell’immagine del muro che ripiega e dell’uomo (annunciato nella nobile famiglia) ammutolito, perché, continua a far sottintendere l’ispirata poesia e nonostante le rassicurazioni dell’io poetico, “[…] vibra/ sibila lontano la guerra” giunge, e giunge distruttiva; come a voler dire che tutto ci appartiene anche quel che sembra lontano dalle nostre case, lontano dai nostri confini. Ma quel solitario limen/limes sa che il suo essere è confine, soglia, casa, dimora, traguardo, cade il suo essere barriera, esso traduce adesso il pianto del rimorso nel suo solitario agire; il primo a cadere sotto il peso del nodo espresso dall’alto dell’ultimo verso, come voce divina: “rimordi!”.
E, parafrasando Dante, è impossibile non intendere l’intera lirica anche come risposta profetica alla domanda dell’umana anima poetica: “Perché non rimordi?”.
Come Dante immagina un aldilà che nessuno vedrà senza prima morire, profetizzando peccati e colpe, così in questa poesia Marcuccio porta ad una forma verbale dalla doppia valenza di presente indicativo e di presente imperativo un sentimento ancora non intimamente nutrito nell’animo umano; nella sua forma imperativa può richiamare ad un monito ma avallata dalla forma del presente indicativo è un profetizzare su quel che succederà all’uomo ancor più di adesso, quando sarà un corale sentimento il rimorso. Per questo sottintesa si può scorgere la domanda a cui il poeta già ha risposto per un futuro vicino: “Perché non rimordi?”.


A CURA DI CINZIA TIANETTI                                                            2 maggio 2012



“Muro, che ti discosti…”
Commento a cura di Santina Russo

Una poesia che si presta a diverse interpretazioni, che dall'autore arriva al lettore come un alito di vento che durante il tragitto si trasforma e si arricchisce delle particelle con cui si scontra, una poesia evocativa che nella prima parte riproduce un onomatopeico accartocciarsi del muro su se stesso attraverso l’allitterazione della “s”, mentre nella seconda parte lo stesso effetto onomatopeico è ripreso dall'allitterazione della “m”, con riferimento al mutismo della famiglia nobile.


A CURA DI SANTINA RUSSO                                                              4 maggio 2012



“Muro, che ti discosti…”
Commento a cura di Domenica Oddo

Questa poesia ci rimanda ad uno dei temi cruciali vissuti dalla società odierna, cioè, la fragilità delle famiglie, delle istituzioni, delle nazioni, etc. Gli interessi personali, fabbricano pietre che innalzano muri e dividono le stanze di una casa, e i litigi, anche fra persone che si amano, fanno chiudere le orecchie dei muri, che si accartocciano su se stessi, impedendo l’ascolto. Si rimane isolati, muti, anche pur rimanendo insieme. La colpa da espiare porta a mettere in discussione l'egoismo dell'essere umano, che si ritrova in una guerra, voluta o non voluta, apparentemente lontana, che coinvolge tutti i membri di quella famiglia.
La sensibilità del poeta sente l'urlo disperato e ripiegandosi su se stesso, trova la luce della poesia che sarà lampada accesa, che farà chiarezza negli interrogativi dei mali oscuri, che attanagliano la società. Una poesia-denuncia, un appello di speranza per chi vuol mettersi in discussione, per chi vuol uscire da se stesso per alzare gli occhi su ciò che avviene nel mondo.


A CURA DI DOMENICA ODDO                                                                       4 maggio 2012


“Muro, che ti discosti…”
Commento a cura di Rosa Cassese

Una poesia ermetica, molto significativa, evocante la scissione tra l'essere umano e la famiglia cui appartiene, reso incomunicabile da un muro che ne delimita i confini, confinandolo oltre l'identità. Notevole l'evocazione poetica attraverso affermazioni contrapposte, un alitare poetico, amaro-reale.


A CURA DI ROSA CASSESE                                                                       3 settembre 2012

I° Concorso Letterario Internazionale Bilingue (Italo-spagnolo) “TraccePerLaMeta” | Blog Letteratura e Cultura

I° Concorso Letterario Internazionale Bilingue (Italo-spagnolo) “TraccePerLaMeta” | Blog Letteratura e Cultura





L’Associazione Culturale TraccePerLaMeta

ORGANIZZA


il I Concorso Letterario Internazionale Bilingue


Camminanti, gitani e nomadi: la cultura itinerante


(con scadenza il 15-12-2012)


Camminante, sono le tue orme
il cammino e nulla più;
Camminante, non c’è cammino,
il cammino si fa andando,
Andando si fa il cammino
e a volger lo sguardo indietro
si vede il sentiero che mai
può essere calpestato di nuovo.
Camminante non c’è strada
se non una scia nel mare.

(ANTONIO MACHADO, da “Proverbios y cantares”, XXIX)


In questa pagina del sito “tracceperlameta.org” si può scaricare il bando per la sezione in lingua italiana.

N. B. Si rettifica il punto 8 del bando nei termini seguenti.

-8- La partecipazione è gratuita per gli iscritti all’Associazione Culturale TraccePerLaMeta.

Per tutti gli altri si richiede una tassa di lettura, differente a seconda dell’origine dei partecianti:

Italia/Spagna e ogni altro paese dell’UE = la tassa è di 10 €

Sud America e ogni altro paese esterno all’UE = la tassa è di 5€

Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda = la tassa è di 10 €

Si ribadisce che le poesie della sezione A possono essere al massimo due.


Descarga aqui la convocatoria en lengua espanola: http://www.tracceperlameta.org/download/2012_la_convocatoria_TPLM.pdf

Descarga aqui la hoja de inscripcion al concurso: http://www.tracceperlameta.org/es/2012_concurso_internacional.html


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