Lettura di “Per una strada”,
poesia di Emanuele Marcuccio
a cura di Lucia Bonanni
“Per una strada”[1], poesia che l’autore scrisse “avendo
come unico foglio di carta su cui appuntarla [il] retro di uno spiegazzato
scontrino della spesa”.
Per una strada senza fronde
si aggira furtivo e svelto
il nostro inconscio senso,
passa e non si ferma,
continua ad andar via
e non si sa dove mai sia.
Ecco, questa è
una di quelle poesie che ti ammalia come una Circe e alle quali giri intorno
fino a farti male al cuore perché, come dichiara l’autore, “la
poesia vuole sempre uno sguardo pieno di stupore e di meraviglia”. Mi ha colpito l’uso puntuale dell’articolo indeterminativo che non è
affatto generico, bensì determinante per tutto il componimento. Se Marcuccio avesse
scritto “per la strada”, l’espressione sarebbe risultata usuale e non avrebbe
sortito il medesimo effetto, catturando l’attenzione del lettore verso una
riflessione maggiormente profonda. Un po’ come negli ultimi versi della poesia
in cui Corrado Govoni usa il verbo essere al singolare per due soggetti. “Ma
il sorriso e la tua calda pelle/è il fuoco della terra e delle stelle”. Fellini ha girato il film “La strada” in cui una folla di personaggi
variegati stupisce lo spettatore e in questo caso l’articolo determinativo è
metonimia per indicare vissuti che si collocano tra lo stato surreale e la
realtà da cui non si può esulare. Nella poesia di Marcuccio quell’articolo
indeterminativo evoca domande e viene spontaneo chiedersi di quale strada si
tratta, dove si trova e si pensa che potrebbe trovarsi tanto in una grande
città come in un piccolo paese o addirittura essere una strada di campagna, un
tratturo di montagna o un percorso della via Francigena. A me piace immaginare
che sia via Maqueda in quel di Palermo, una via lunghissima che, attraversando
i Quattro Canti di città, giunge fino alla piazza denominata della Vergogna per
le nudità delle statue intorno alla fontana. “Per una strada” e mi pare che nel
titolo siano racchiusi anche i versi di Dino Campana, “Poeta
– come ha scritto Vassalli- in cui scrittura e vita coincidono”; “La stradina è solitaria:/ non c’è un cane: qualche stella/ nella notte
sopra i tetti/ e la notte mi par bella” (“La petite promenade du poète” per Firenze) e in questo come in altri
frangenti la strada di Campana, parimenti a quella dell’uomo contemporaneo, era
un percorso davvero “senza fronde”. “Senza fronde”, immagine
plurima, mosaico di sensazioni esplose per via, tavolozza cosparsa di colori,
iter temporale in veste ciclica, paesaggio mostrato e non descritto, stagione
pensata in accezione di metafora, specchio concavo che riflette il paesaggio
interiore. Le fronde, come la strada, sono elemento ricorrente nella poetica di
Marcuccio e in certi casi assumono una connotazione diversa dal significato
intrinseco della parola. La strada è luogo privilegiato nei versi del poeta e
prende le sembianze di luogo dell’anima, di spazio interiore, di topos emotivo,
di cellula di identità, un sito di memorie in cui l’inconscio si muove a passo
svelto, guardingo, timoroso persino di essere scoperto. Pertanto non staziona,
non si adagia, non si ferma, ma continua la propria corsa verso qualcosa di
indefinito e di infinito, simile ad un Kairos fuggente che neppure Cronos
riesce a fermare. Dal canto suo l’autore non può far altro che prendere
coscienza di questo stato aereo che sfugge e sguscia via, lontano dalla penna
che vorrebbe trattenerlo sul rigo e spesso non lascia traccia del suo passaggio
e alla fine “non si sa dove mai sia”;
in un aforisma di Marcuccio, la poesia è “scrittura
di ricapitolazione” ove poter
ritrovare i versi di altri autori. Immagine plurima a significare da un lato
l’apparato dei fenomeni naturali e dall’altro quello connesso ai fenomeni
emozionali di straniamento e smarrimento che investono l’essere umano. Nelle
parole di Marcuccio “La scrittura è
trasfigurazione di quel caos del proprio vissuto [e] deve esserci [la]
scintilla iniziale” per questo è
indispensabile e di fondamentale importanza appuntare subito i pensieri che
salgono alla mente, quando l’ispirazione è lampo di luce e il bisogno di
scrittura diviene azione compulsiva.
Lucia Bonanni
[1] Emanuele Marcuccio, Per una
strada, Ravenna, SBC Edizioni, 2009, p. 77.
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