di Lorenzo Spurio e Sandra Carresi
Lettere Animate Editore, 2012
Recensione di Emanuele Marcuccio
Ma presto un tragico evento sconvolgerà 
la sua vita: l’omicidio di un’anziana signora proprio nello stesso 
stabile di sua madre Clara, a Firenze.
La scrittura scorre sicura, veloce e, 
con abilità consumata, i nostri autori non ci annoiano mai; siamo di 
fronte a tre racconti, simili nella lunghezza, per esempio a quelli di 
Thomas Mann o di Hermann Hesse.
La descrizione fisica della 
protagonista, contrariamente a quello che si può immaginare, avviene 
alla dodicesima pagina del racconto, improvvisamente, d’acchito, quasi 
che sia lo specchio del bagno a volercela descrivere: “Era alta e magra, una carnagione ambrata e un bel viso ovale incorniciato da lunghi capelli lisci e neri.”
In questo primo racconto, tranne Giada, 
ci accorgeremo che tutto non è ciò che sembra, proprio come l’immagine 
che ci restituisce uno specchio, il quale ci dà solo una realtà 
superficiale e apparente, così ci ammoniranno i nostri autori nel corso 
del secondo racconto, “Ciò che trasmette la mente, che si vede 
attraverso uno specchio, è solo una parte della realtà, l’altra è quella
 che veste con gli occhi dell’anima, della sua bellezza e del suo 
respiro.”
Potremmo mai immaginare chi si nasconde dietro quelle silenziose telefonate anonime?
Il secondo racconto porta il titolo di 
“Ritorno ad Ancona”, si tratta della breve storia d’amore di una coppia 
non più giovanissima (Rebecca e Vincenzo) a Ischia; la prima reduce da 
una brutta esperienza coniugale, mentre Vincenzo è vedovo da quattro 
anni, entrambi però nascondono un grande e insospettato spirito 
giovanile. Intensamente vivono questo breve amore e, proprio il titolo 
“Ritorno ad Ancona” diventa metafora di un breve ritorno a una 
giovinezza che si credeva irrimediabilmente perduta.
Alla fine preferiranno “ritornare” alle 
loro abitudini, ai loro affetti, a se stessi, ognuno alla loro città che
 li ha visti crescere, rispettivamente Ancona e Napoli.
Proprio uno stesso spirito giovanile e 
nostalgico pervade il racconto, Rebecca sente le “farfalle nello 
stomaco” prima di incontrarsi con Vincenzo, prima che inizi il loro 
breve ma intenso idillio. Una mano passata sui capelli, portati 
sensualmente e ingenuamente dietro le orecchie e partirà un bacio.
Il terzo e ultimo racconto si intitola 
“Un cammino difficile”. Infatti, difficile e tortuoso è il cammino di 
due genitori (Eva e Alberto) per crescere i figli, ancor più difficile 
se quei figli sono adottivi e non in tenerissima età, bensì di quattro e
 cinque anni; così succede che, egoisticamente, uno dei due, il padre 
nel nostro caso, abbandona il tetto coniugale e lascia la sola madre ad 
occuparsene, nonostante sia stato lui stesso ad insistere per 
l’adozione.
Dal punto di vista del numero di pagine 
“Un cammino difficile” è il racconto più breve della silloge, solo 
ventuno pagine contro le quasi cinquantanove di “Telefonate anonime” e 
le quasi trentacinque di “Ritorno ad Ancona”; tuttavia dal punto di 
vista diacronico della vicenda è il più lungo (poco più di dieci anni) e
 il più dinamico.
Concludendo, in “Un cammino difficile” 
il cerchio si chiude. Anche Clara di “Telefonate anonime” era stata 
abbandonata, perdipiù con una bambina in grembo (Giada), che crescerà da
 sola e così fa Eva con i due bambini adottivi. Abbiamo quindi un elogio
 della donna, combattiva e madre nonostante tutto. Questo è “Ritorno ad 
Ancona e altre storie”, un messaggio di speranza e di felicità 
insperata, un ritorno a se stessi e amore di madre per i propri figli.
Emanuele Marcuccio
Palermo, 10 settembre 2012
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